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  • Nuvole o vele?

    Nuvole o vele?

    di Lorenzo Frizzera

    Le nuvole sono libere? In apparenza sì: le loro forme bizzarre e mutevoli sono dovute a forze esterne tanto varie e complesse da impedirci di prevederne la forma, al punto da farci credere che siano dotate di una volontà propria, quasi fossero vele che sfruttano il vento a proprio favore per muoversi nei punti del cielo che preferiscono. Eppure sappiamo che non è così.

    E noi, siamo nuvole o vele? In fondo anche noi siamo soggetti a correnti di pensiero, pressioni fisiologiche e venti emotivi, a forze meccaniche accidentali contro le quali possiamo davvero poco, eppure qualcosa ci dice che una quota del nostro agire è nelle nostre mani. Qualcosa ci dice che siamo liberi. Sarà vero?

    È una domanda che ha attraversato la storia, interrogando filosofi, scienziati e religiosi, dando origine a tre ipotesi principali.

    Il Trivio

    L’inganno della complessità

    La prima ci dice che siamo proprio come le nuvole, ovvero che questa libertà sarebbe in realtà una proprietà emersa dalla complessità della nostra rete neurale – per darne solo un’idea, tralasciando le sue straordinarie caratteristiche qualitative, le quali la rendono ancora più complessa, la nostra rete di connessioni cerebrali conta circa cinquecentomila miliardi di sinapsi.

    In questo caso il nostro cervello sarebbe simile a quello di uno dei recenti modelli di intelligenza artificiale, i quali possono simulare in modo estremamente credibile di essere autocoscienti e sono in grado di prendere decisioni scegliendo tra differenti opzioni, apparendoci come esseri liberi e senzienti.

    Allo stesso modo, come uno di questi modelli, anche noi potremmo essere un complicatissimo orologio biologico che racconta a se stesso di essere libero. Ma si tratterebbe solo di una libertà meccanica, nella quale noi saremmo oggetti e non soggetti. E la stessa percezione di questa libertà sarebbe parte del meccanismo.

    Il vertice dell’evoluzione

    La seconda ipotesi è in continuità con la prima: anche in questo caso la libertà nascerebbe dalla complessità biologica, ma con un passaggio ulteriore. Secondo questa visione, l’evoluzione ci avrebbe portati a sviluppare algoritmi mentali capaci di generare metacognizione – cioè autocoscienza – e la libertà sarebbe il frutto di questa capacità riflessiva. È quindi una versione più evoluta della prima ipotesi, in cui dalla stessa complessità emerge non soltanto la simulazione dell’autocoscienza, ma la sua forma autentica, ovvero un’esperienza soggettiva reale.

    Anima divina

    La terza ipotesi è quella religiosa, in cui la nostra libertà sarebbe il frutto dell’anima, nata da un seme divino, che attende di ritornare al suo creatore dopo essersi unita a tutte le altre.

    Homo Amans

    Qualunque sia l’origine della nostra libertà, abbiamo sempre la possibilità di dividere le cose o di unirle; di osservarle come parti separate che si contendono un primato o di armonizzarle in un’unità e io sento forte la tensione verso quest’ultima poiché mi pare rompa gli schemi, esca da se stessa e mi porti più vicino alla verità. È del tutto arbitrario, lo so, ma assomiglia tanto, troppo, all’armonizzazione di note dissonanti, che aprono squarci su nuovi orizzonti musicali. È la natura della mia ricerca artistica e a me pare che il tutto si trovi in quella direzione.

    Credo quindi che queste tre ipotesi confluiscano in un’unica visione e che la libertà sia un’unica sfumatura evolutiva che ci ha portati dalla libertà puramente meccanica di un batterio alla vera autocoscienza di un essere umano. E credo che la nostra evoluzione non sia ancora finita, che da homo sapiens sapiens dovremo evolverci in homo amans e che alcuni sparuti esemplari della nostra specie vi siano già arrivati e riposino nell’abbraccio materno di Dio.

    L’incipit del libro Shantaram di Gregory David Roberts è la perfetta descrizione di questo apice:

    L’Altra Metà

    Anche Dio, e quindi il Destino, sottosta alle stesse tre ipotesi: potrebbe essere solo un’illusione dovuta alla complessità dell’universo, oppure un motore algoritmico efficiente e razionale, o, infine, l’Altra Metà, quella che fa interagire il nostro destino con la nostra libertà, attendendo e favorendo il compimento dell’evoluzione delle nostre anime.

    Spetterà a me trovare il modo di mettere in musica questo Dialogo.


    Per ascoltare e conoscere le prime due parti della mia composizione puoi vedere su YouTube i relativi video:

    01 – Il gioco della musica: vincere o giocare?

    02 – Il gioco della musica: ho creato una composizione palindroma

    Oppure ascoltarla direttamente su Spotify: